**** I poemetti "Sinossi dei licheni" e "Camera di condizionamento" scaricabili anche in versione ePub per tablet, smartphone ecc. ( QUI) e in Pdf
**** Ghérasim Luca, La fine del mondo, book-trailer di 19 pag, con estratti, QUI
Lunedì, 30 aprile 2007
Gianfranco Fabbri ha riunito e pubblicato su Nabanassar (qui) le sue Bacheche 2006 di 33 poeti giovani e/o esordienti (ci sono anch'io, nel mazzo...), già presentate nel corso dell'anno sul suo blog "La costruzione del verso" (v. link a lato). Ne è venuta fuori un’antologia (ma Fabbri preferisce festival o festa) di voci interessanti, alcune di grande valore, anche assai diverse tra loro, che Gianfranco nell’introduzione tenta di sistematizzare in alcune grandi famiglie, che però, come correttamente avverte, potrebbero anche essere lette trasversalmente. In questa società “liquida” la poesia, come tutto il resto, assomiglia sempre di più a un ciottolo che rotola in fondo a un torrente, soprattutto quella che circola nel web. Sembrano ridursi i suoi “ancoraggi” istituzionali, come l’editoria, trovarla o meno dipende dalla evanescenza di un link o dalla memoria di una memoria, come potremmo definirlo, e mai come adesso, credo, è stato chiaro che nessuno diventerà mai ricco e famoso con la poesia. Rimane la forza poietica della passione, l’etica del dire, la resistenza culturale, l’identità dell’autore e del suo pensiero che poi in fondo è proprio quel nucleo duro, quel ciottolo che rotola sul letto del fiume. E perciò, antologia o festival che sia, questo lavoro che Fabbri con l’aiuto di Giuseppe Cornacchia ha fatto è anche il prezioso tentativo di coagulare, di ancorare quelle istanze che sopra dicevo, di rallentare in qualche modo questo inarrestabile flusso...
Lunedì, 23 aprile 2007
Sarò all'estero per qualche giorno, mi prendo un pò di ferie. Ci rivediamo, se Dio vorrà, il 30 aprile. Comunque, tutti i commenti ai vari post, specialmente quelli più recenti, sono abilitati, e quindi se avete qualcosa da dire, ditelo. Se cercate qualcosa o qualcuno all'interno del blog, potete usare il motore di ricerca interno, qui a fianco e se avete del materiale da mandare, mandatelo. Insomma, fate come vi pare. Un caro saluto a tutti gli amici.
Giovedì, 19 aprile 2007
da COLONIA MARINA …e le nuvole vicine a Pisa sono come le altre in Italia... (E. Pound - Pisan Cantos - LXXVI) il livello del mare è il grado zero. Da questa riva il declinare immerge il corpo e la sua pesantezza e l’abrasione dolce della sabbia dove i primi fuochi crepuscolari e il raro raggio verde appena andato salpano brani di rosso solitari suicidi. In riduzione ad ombra sospiri di passanti svelate tra i legnami scivolano sotto il pelo d’acqua donne sole e tra le orme cani sciolti risacche di detriti. Le bottiglie vuote il vento increspa i vetri le assonanze di nomi il ferro scuro salato e difficili incontri e arrivederci. Si sa che c’è - nell’opportuna direzione - una terra e non si vede di là dalle battigie e cannicci e vuoti rimessaggi. - E’ - ma altrove. …risalendo alla strada sul versante d’una duna obliqua si giunge al grado uno seppure lasciandosi alle spalle vènti di solitaria vicissitudine... [.....] queste le tamerici salmastre questo il loro nome esteso che il maestrale assalta sputtana irride come uno scompiglio d’aspettative vane. Sul viale tra la fila dei pini e i lentischi grigi rotola un’indifferenza. Svanimento come da un finestrino sporco la velocità delle cose comuni le plastiche ai margini preparativi di carabattole estive. Non è ancora stagione: da questa quota poco sopra il livello l’osservazione del mutarsi del paesaggio - cartoline vecchie io credo adieu degli orbace e storpi a prendere il sole come un risarcimento un abbaglio dei tempi un domani che non c’era… […..] solo - più tardi - gabbiani indecisi tra discariche e mare ai muri graffiti e ruggine e sale fitto come un’imbalsamazione... I segni sulla sabbia non dicono orme dei corpi residue radiazioni del sole il rassegnarsi dei ruderi come vuoti polmoni secchi ogni fuga - come allora - impossibile. Dappertutto un’aria luminosa di iodio e nuvole cifre mutevoli e mute radure di solitudine come i giorni a venire…
poco lontano da qui gli americani tenevano un poeta chiuso in una gabbia come un uccello folle e disperato...
Sabato, 14 aprile 2007
Jacopo Bosio è un giovane poeta ventottenne, qui presente con pochi testi totalmente inediti. Una poesia di pulsione, sorgiva, a tratti estemporanea, di forte impronta autobiografica, legata a modalità postmoderniste, a un lessico concreto-oggettivo e insieme simbolico, di assimilazione; apparentemente priva di echi di buone o cattive letture (ma non del tutto esente da manierismi e qualche compiacimento) e in conseguenza di ciò (o per fortuna) dotata, in un certo qual modo, di una naiveté a volte disarmante, a volte spiazzante. Potremmo chiamarla poesia di esternazione o di identità, non solo propria ma anche della realtà che può essere toccata, nominata, precisata; forse può essere definita minimalista, ma di quel minimalismo che dovrà per forza di cose uscire dall'enclave, gestire una maturazione - favorita da una stoffa buona -, trovare anche altre strade, in questo mondo in cui le differenze si vanno sempre più radicalizzando e avanza un manicheismo antagonista, per definizione, della poesia. O forse poesia in cerca, alla ricerca di un tempo - un luogo - da trovare: "quando la ricerca avrà ottenuto la sua meta - dice Bosio - la mia smania sarà accontentata". Che è la meta finale, irraggiungibile, della poesia stessa, perfino nel "mondo preciso e gentile" di una geometria dell'esistenza, di un anelito di ordine a cui sembra tendere questa poesia.
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Sabato, 7 aprile 2007
Un testo di Giovanni Giudici, un grande protagonista di una lunga stagione della poesia italiana, tratto da "L'educazione cattolica". Anche se non al meglio delle possibilità di Giudici, c'è quasi tutto: affabulazione e memoria, invenzione linguistica e stile, ironia e pluralità di senso, e insieme radici anche quotidiane dell'elaborazione di un'etica che non appartiene solo alla religione...Buona Pasqua a tutti.
Nelle sole parole che ricordo
di mia madre - che "Dio
- diceva - è in cielo in terra
e in ogni luogo" - la gutturale gh
disinvolta intaccava il luò d'un l'uovo
contro il bordo d'un piatto
- serenamente dopo in cielo in terra
dal guscio separato in due metà
scodellava sul fondo il tuorlo intatto
- la madre sconosciuta parlava
religione entrava
nella mia tenera età.
Martedì, 3 aprile 2007
Sul progetto di Fine attività
Cinque movimenti del corpo fa parte di un progetto dal titolo provvisorio Fine attività, composto solo in parte e in parte ricomposto e decomposto. Dovrebbe essere, se mai vedrà la fine, imperniato sulla fine della civiltà occidentale e sulla rovinosa deriva del pianeta. È un progetto post-ambizioso – non mi appartiene più alcun tipo di ambizione e di speranza, né umana né poetica – in cui dovrebbero trovar spazio gli ultimi palpiti del sentire, della compassione, del pianto per ciò che inevitabilmente deve perire in un’apocalisse che non salva nessuno, in una morte improvvisa di ogni riferimento positivo (le ultime convulsioni di senso sono riservate all’amore privato, deprivato però d’ogni collocazione sociale, sterilizzato dunque in un rapporto autodifensivo e costruito su impalcature da ragnatela, da cui la stabilità), di ogni possibilità divina, di ogni possibile fuga.
Il lavoro im/poetico dovrebbe comporsi di una decina di sezioni: Lavori in corso (sulla preparazione della fine), Viaggi imperfetti (sulla chiusura delle vie di fuga), Miscele (sulla combinazione degli elementi umani), Cinque movimenti del corpo (corpi in moto, immoti), Preparazione del fuoco (allestimento del falò della civiltà), La fuga di Dio (la scomparsa del sacro dall’idea umana), Amori senili (ultimi palpiti “umani”), Affari finali (business sulla fine), Do you remember Rembrandt? (ricordi e nostalgie nell’approssimarsi della fine), Fine attività (la fine del tutto).
Di queste sezioni sono state composte solo Cinque movimenti del corpo e Fine attività. Il resto? Forse non vedrà mai la luce, forse resterà nella mia mente allo stato progettuale.
Enrico Cerquiglini
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